Famiglia

L’art. 29 della Costituzione definisce la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio» e afferma l'obbligo della Repubblica di riconoscere alla famiglia così intesa i diritti che le competono; stabilisce che il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti previsti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. L'art. 30 Cost., dopo avere precisato che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio, attribuisce al legislatore il compito di assicurare alla prole naturale ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La definizione della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio si collega all'art. 2 Cost., ove si afferma che la Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Un principio fondamentale contenuto nell'art. 29 Cost., come specificazione della norma di eguaglianza giuridica dei cittadini senza distinzione di sesso contemplata nel precedente art. 3, è quello dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare: principio poi ribadito nell’art. 30, 1° comma, che attribuisce ad entrambi i genitori il dovere e il diritto di mantenere, istruire ed educare i figli.

Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione; entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia (art. 143 c.c.). Per quanto riguarda la posizione della donna nella famiglia, il principio costituzionale dell'eguaglianza giuridica e morale dei coniugi sostituisce il vecchio concetto della potestà maritale: il marito e la moglie devono concordare tra loro l'indirizzo della famiglia, fissandone la residenza secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, e a ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato (art. 144 c.c.); la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.

Nella disciplina giuridica della famiglia attualmente vigente è contemplato il principio della parificazione giuridica e sociale dei figli legittimi e di quelli naturali, non più qualificati, questi ultimi, con espressioni come «illegittimi» o «adulterini». Il figlio naturale può essere inserito nella famiglia legittima di uno dei genitori, a condizione che l'inserimento nella nuova famiglia non sia in contrasto con l'interesse del minore, che vi sia il consenso del coniuge e dei figli legittimi che abbiano compiuto sedici anni, che l'altro genitore naturale che abbia effettuato il riconoscimento sia d'accordo: se sussistono questi requisiti il giudice stabilisce le condizioni che il genitore cui il figlio è affidato deve osservare e quelle a cui deve attenersi l'altro genitore (art. 252 c.c.).

A differenza della famiglia appena descritta (chiamata legittima), la famiglia c.d. di fatto (in quanto non fondata sul matrimonio) dà luogo a una situazione giuridica lecita, che solo sotto specifici profili è oggetto di tutela giuridica. Ad esempio, in materia di locazione, la Corte Costituzionale, con la sentenza 7 aprile 1988, n. 307, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 1°, della l. 27 luglio 1978, n. 392, nella parte in cui non prevedeva tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di morte del conduttore, il convivente more uxorio; ancora, la l. 9 gennaio 2004, n. 6, ha esteso alla «persona stabilmente convivente» la legittimazione a proporre l’istanza di interdizione, inabilitazione o amministrazione di sostegno. In base all'art. 317 bis c.c., se entrambi i genitori hanno riconosciuto il figlio naturale, l'esercizio della potestà spetta ad essi congiuntamente qualora siano conviventi.

 


Matrimonio

Il matrimonio sancisce l’unione di due persone e la nascita di una nuova famiglia, determinando al contempo diritti e doveri che regolano le relazioni all’interno del nucleo familiare. Forse non tutti sanno che il nostro ordinamento riconosce quattro tipologie di matrimonio: civile, religioso, concordatario, religioso con effetti civili. Ad esclusione di quella religiosa, ciascuna di esse produce effetti anche sul piano dell’ordinamento giuridico civile.

L’istituto del matrimonio definisce infatti precise disposizioni in ambito successorio e previdenziale, nonché gli obblighi di legge che marito e moglie assumono reciprocamente e nei confronti dei figli.

Il matrimonio è l’unione tra due coniugi: con questo termine si intende sia l’atto del matrimonio, e cioè la sua celebrazione, sia il rapporto matrimoniale che ne consegue. Data la sua natura di struttura fondamentale della società, il matrimonio è riconosciuto e disciplinato a livello nazionale e internazionale.

Le forme di matrimonio

Nel nostro ordinamento si possono attualmente individuare quattro tipologie di matrimonio:

  • matrimonio civile viene celebrato dinanzi all’Ufficiale dello stato civile competente o a un suo delegato. Produce effetti esclusivamente nell’ordinamento giuridico statale.
Produce effetti esclusivamente nell’ordinamento giuridico statale.
  • matrimonio religioso viene celebrato davanti a un soggetto legittimato in base all’ordinamento religioso (cattolico o non).
Produce effetti esclusivamente nell’ordinamento religioso.
  • matrimonio concordatario matrimonio cattolico celebrato in conformità alle norme del Concordato tra la Santa Sede e lo Stato Italiano.
Produce effetti sia nell’ordinamento statale che in quello religioso cattolico.
  • matrimonio religioso con effetti civili matrimonio religioso (ma non cattolico, per i matrimoni cattolici esiste già il matrimonio concordatario) concluso da soggetti legittimati in base all’ordinamento religioso, in conformità alle norme delle singole intese tra le confessioni religiose e lo Stato Italiano.
Produce effetti sia nell’ordinamento statale che nell’ordinamento religioso di riferimento.

 

Il matrimonio celebrato all’estero

Un cittadino italiano può sposarsi all’estero con un altro cittadino italiano o con uno straniero. Il matrimonio all’estero può essere celebrato dinanzi: - a un’autorità straniera locale; - all’autorità diplomatica o consolare; - a un ministro di un culto religioso. Il matrimonio celebrato dal cittadino italiano all’estero dinanzi all’autorità straniera locale è valido e produce effetti immediati anche nell’ordinamento italiano, nel caso in cui: - siano state rispettate le forme previste nello stato straniero; - sussistano le condizioni e la capacità necessarie per contrarre matrimonio secondo le norme italiane (ad esempio un dodicenne non può contrarre all’estero un matrimonio che sia valido nell’ordinamento giuridico italiano, anche se è valido e legittimo nell’ordinamento straniero). Gli sposi dovranno inoltre trasferire copia dell’atto di matrimonio redatto dall’autorità straniera all’autorità diplomatica o consolare italiana, che la trasmetterà all’Ufficiale di stato civile competente perché l’atto sia trascritto in Italia. Il matrimonio celebrato dal cittadino italiano all’estero dinanzi all’autorità diplomatica o consolare, è invece disciplinato dalla sola legge italiana e dunque produce direttamente ed immediatamente effetti nell’ordinamento giuridico italiano. Il matrimonio celebrato dal cittadino italiano all’estero dinanzi all’autorità religiosa, infine, produce effetti nell’ordinamento civile italiano esclusivamente nel caso in cui produca effetti nell’ordinamento dello stato straniero in cui è stato celebrato.

Gli effetti del matrimonio

Il matrimonio religioso produce effetti solo ed esclusivamente in ambito religioso. In ogni altro caso, ovvero matrimonio civile, concordatario e religioso con effetti civili, oltre agli eventuali effetti sul piano religioso – che riguardano il matrimonio concordatario e quello religioso con effetti civili – si producono conseguenze anche sul piano dell’ordinamento giuridico civile: i cosiddetti effetti civili del matrimonio. Tali effetti possono essere riassunti come segue:

• effetti derivanti dallo status di coniuge lo status privilegiato del coniuge conta ai fini dell’applicazione di determinati istituti giuridici.
• effetti previdenziali si tratta di effetti di natura previdenziale, in particolare in materia di trattamento di fine rapporto e di pensione di reversibilità.
• effetti in materia successoria si tratta dei diritti successori nell’ambito della successione del coniuge.
• effetti nei rapporti tra i coniugi si tratta dei diritti e dei doveri che i coniugi assumono l’uno nei confronti dell’altro ed entrambi nei confronti della famiglia.

Gli effetti derivanti dallo status di coniuge

Gli effetti dello status di coniuge sono disciplinati dalle seguenti disposizioni:

- art. 143 bis codice civile: “La moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze”;
- scelta dell’amministratore di sostegno, art. 408 codice civile: “L’amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata”;
- soggetti legittimati alla presentazione dell’istanza di interdizione o di inabilitazione, art. 417 codice civile: “l’interdizione e l’inabilitazione possono essere promosse dalle persone indicate negli articoli 414 e 415, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero”;
- disposizioni in materia di prelievi e trapianti di organi e tessuti, art. 3 della legge 91/1999: “Il prelievo di organi e di tessuti è consentito secondo le modalità previste dalla presente legge. I medici forniscono informazioni sulle opportunità terapeutiche per le persone in attesa di trapianto nonché sulla natura e sulle circostanze del prelievo al coniuge non separato o al convivente more uxorio o, in mancanza, ai figli maggiori di età o, in mancanza di questi ultimi, ai genitori ovvero al rappresentante legale”;
- semplificazione delle norme sull’alienazione degli immobili di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, art. 1, c. 598, della legge 266/ 2005: “per le unità ad uso residenziale va riconosciuto il diritto all’esercizio del diritto di opzione all’acquisto per l’assegnatario unitamente al proprio coniuge, qualora risulti in regime di comunione dei beni; che, in caso di rinunzia da parte dell’assegnatario, subentrano, con facoltà di rinunzia, nel diritto all’acquisto, nell’ordine: il coniuge in regime di separazione dei beni, il convivente more uxorio purché la convivenza duri da almeno cinque anni, i figli conviventi, i figli non conviventi”;
- ordini di protezione contro gli abusi familiari, art. 342bis codice civile: “Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’art. 342 ter”;
- successione nel rapporto di locazione, art.6, primo comma, legge 27 luglio 1978, n. 392 (“Disciplina delle locazioni di immobili urbani”) prevede che, in caso di morte del conduttore, il coniuge superstite subentri nel contratto di locazione.

Gli effetti in materia previdenziale

In caso di decesso di uno dei due coniugi:

la pensione di reversibilità, e cioè la quota della pensione che spetta ai soggetti indicati dalla legge nel caso di morte del lavoratore, è riconosciuta innanzitutto al coniuge, che però perde il diritto se si risposa (salvo la liquidazione di una somma una tantum, commisurata all’ammontare della pensione alla data del nuovo matrimonio)1 ;

il trattamento di fine rapporto, ovvero una porzione di retribuzione del lavoratore subordinato versata dal datore di lavoro al momento della cessazione del rapporto, spetta innanzitutto al coniuge qualora il rapporto di lavoro sia interrotto a causa del decesso del lavoratore.

Gli effetti in ambito successorio

Al coniuge del defunto, soprattutto a seguito della riforma del diritto di famiglia operata con la legge 151/1975, spetta una posizione particolarmente privilegiata nel caso di successione. Egli infatti:

- è ricompreso tra gli eredi nel caso di successione legittima, e cioè senza testamento: i diritti successori del coniuge quindi non dipendono dalla redazione di un testamento;

- ha la qualifica di legittimario e cioè di soggetto cui spetta il diritto a una determinata quota di patrimonio del defunto (e ciò a prescindere dalla volontà di quest’ultimo, che con il testamento potrebbe aver disposto in modo differente);

- ha il diritto di abitazione della casa coniugale nonché il diritto di uso dei beni mobili in essa contenuti. La successione legittima Le norme sulla successione legittima trovano applicazione nel caso in cui il defunto non abbia disposto dei suoi averi con apposito testamento, ovvero abbia predisposto un testamento che però non riguardi l’intero patrimonio ma solo determinati beni. Nel primo caso l’intera eredità sarà devoluta secondo le norme della successione legittima; nel secondo caso invece saranno devoluti secondo le norme della successione legittima soltanto i beni non espressamente attribuiti con testamento.

Regime patrimoniale della famiglia

Con regime patrimoniale della famiglia solitamente si fa riferimento all’insieme delle norme che disciplinano i criteri in base ai quali sono distribuite tra i coniugi le sostanze acquisite durante il matrimonio. Può essere oggetto di scelta da parte dei coniugi, anche se all’interno di tipologie già stabilite e disciplinate dalla legge, e cioè: la comunione legale, la comunione convenzionale e la separazione dei beni. I regimi patrimoniali citati sono fra loro alternativi. Non è possibile prevedere che il regime patrimoniale di una famiglia possa essere regolato in parte dalla comunione legale dei beni ed in parte dalla separazione dei beni, ma esclusivamente dall’uno o dall’altro. I coniugi possono optare per la comunione legale o la separazione dei beni con una dichiarazione resa all’ufficiale dello Stato civile o al sacerdote celebrante, ovvero anche successivamente, con apposita convenzione matrimoniale redatta nella forma dell’atto pubblico notarile alla presenza di due testimoni. La comunione convenzionale, peraltro estremamente rara nella pratica, può essere scelta dai coniugi soltanto con apposita convenzione. Merita poi una menzione particolare il fondo patrimoniale, dal momento che si tratta di un regime patrimoniale che non è alternativo ma, al contrario, convive con la comunione o la separazione dei beni, e ha finalità particolari. Tutti i regimi patrimoniali indicati sono tra loro accomunati dalla modalità con cui vengono pubblicizzati, e cioè mediante l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio. Dal momento dell’annotazione il regime patrimoniale prescelto si intenderà recepito dai terzi a prescindere dall’effettiva conoscenza.

Contratti di convivenza

contratti di convivenza sono accordi con cui la coppia definisce le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali della stessa ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali (ad es. la designazione dell'amministratore di sostegno). L’accordo può essere usato anche per disciplinare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza.

Possono essere stipulati da tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente (c.d. convivenza more uxorio). Più precisamente, ci si riferisce all’unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale.

Il ruolo del Notaio

Si tratta di un contratto che può essere redatto dal notaio a cui le parti si rivolgono per ottenere un risultato, cucito addosso alle proprie specifiche esigenze, qualora si intenda iniziare una convivenza o sorga l'esigenza di "programmarne" lo svolgimento, ad esempio in fase d'acquisto di un immobile o nell'ambito di una vicenda successoria. Ovviamente, non si tratta di atti "fac simile", ma occorrerà verificare insieme le esigenze specifiche della coppia per disciplinare i diversi aspetti patrimoniali, consentendo di tutelare in questo modo, nero su bianco, la parte debole della coppia. 

Convenzioni matrimoniali

Per regolare i loro rapporti patrimoniali i coniugi possono scegliere fra varie opzioni. Il regime patrimoniale legale dei coniugi, in mancanza di scelta e quindi di diversa convenzione, è costituito dalla comunione legale; i coniugi possono stipulare apposita convenzione matrimoniale per scegliere un regime diverso, come ad esempio la separazione dei beni.

Altre regole particolari sono previste per il fondo patrimoniale, con il quale ciascuno o ambedue i coniugi o un terzo possono destinare alcuni beni a far fronte ai bisogni della famiglia.

È importante confrontarsi con il proprio notaio di fiducia: egli infatti ha una conoscenza specifica della materia ed è in grado di consigliare ed informare specificamente sui vantaggi e svantaggi di ciascun regime patrimoniale.


Comunione legale

La comunione legale è il regime patrimoniale della famiglia in forza del quale i beni acquistati durante il matrimonio sono comuni a entrambi i coniugi, anche se è intervenuto solo uno all’atto di acquisto. Per disporre dei beni comuni occorre sempre il consenso di entrambi.

In mancanza di una scelta diversa dei coniugi, si costituisce per legge al momento del matrimonio. Il regime di comunione si instaura automaticamente al momento dell’acquisto del bene (c.d. comunione immediata).

La comunione legale può riguardare: 

  • gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio;
  • le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;
  • gli utili e gli incrementi delle aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite prima del matrimonio. 

Quando, invece, il regime di comunione dei beni riguarda solo i beni che residuano al momento dello scioglimento della comunione legale si parla di comunione de residuo e può riguardare: 

  • i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi;
  • i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi;
  • le aziende gestite da uno dei coniugi e costituite dopo il matrimonio;
  • gli incrementi delle aziende gestite da uno dei coniugi e costituite prima del matrimonio. 

Vi sono, poi, i beni personali che sono e restano di proprietà esclusiva di ciascuno dei coniugi e cioè: 

  • i beni di cui ciascun coniuge era proprietario prima del matrimonio;
  • i beni acquistati dopo il matrimonio per effetto di donazione o successione;
  • i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge;
  • i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge;
  • i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione per perdita della capacità lavorativa;
  • i beni acquistati con il prezzo del trasferimento di beni personali o con il loro scambio. In questo caso i beni personali possono essere sostituiti con altri beni che non cadono in comunione, ma occorrono i seguenti requisiti:
    • il coniuge acquirente deve rendere un’apposita dichiarazione nell’atto di acquisto;
    • qualora l’acquisto riguardi beni immobili o mobili registrati, anche l’altro coniuge deve intervenire all’atto. 

L’amministrazione dei beni della comunione spetta ai coniugi, che la esercitano con modalità diverse a seconda dell’importanza dell’atto da compiere. In particolare:

  • gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti separatamente da ciascun coniuge;
  • gli atti di straordinaria amministrazione devono essere compiuti congiuntamente da entrambi i coniugi.

Creditori

Altro importante aspetto riguarda la responsabilità per gli eventuali debiti.

I beni della comunione rispondono direttamente:

  • per gli oneri gravanti su di essi al momento dell’acquisto;
  • per le obbligazioni contratte separatamente dai coniugi, nell’interesse della famiglia;
  • per le obbligazioni contratte congiuntamente dai coniugi.

I beni della comunione, invece, rispondono sussidiariamente:

  • per le obbligazioni contratte separatamente dai coniugi, per interessi estranei alla famiglia.

Responsabilità sussidiaria significa che i creditori devono soddisfarsi prima di tutto sui beni personali del coniuge loro debitore: ma in caso di insufficienza possono aggredire anche i beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato.

Scioglimento

Lo scioglimento della comunione legale si verifica per le seguenti cause:

  • morte di uno dei coniugi;
  • fallimento di uno dei coniugi;
  • annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
  • separazione personale;
  • scelta della separazione dei beni, mediante apposita convenzione. 

Il ruolo del Notaio

I coniugi possono, quindi, passare dal regime della comunione legale al regime della separazione dei beni, mediante una convenzione stipulata per atto pubblico ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni, che verrà annotata a margine dell’atto di matrimonio.


Separazione dei beni

La separazione dei beni è il regime patrimoniale della famiglia in virtù del quale ciascun coniuge conserva la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. 

La separazione dei beni non ha nulla a che vedere con la separazione personale consensuale o giudiziale e non incide in alcuno modo su i diritti (anche ereditari) del coniuge.

La separazione dei beni opera solo in presenza di apposita scelta in tal senso da parte dei coniugi che può essere avvenire in due modi:

  • al momento del matrimonio, mediante dichiarazione inserita nell’atto di celebrazione del matrimonio;
  • in qualsiasi momento successivo al matrimonio, mediante la stipula di una convenzione matrimoniale (un vero e proprio contratto). 

Il ruolo del Notaio

In quest’ultima ipotesi, la convenzione viene stipulata per atto pubblico ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni, e verrà annotata a margine dell’atto di matrimonio

L’amministrazione dei beni spetta ai coniugi separatamente, ciascuno in relazione ai beni di cui è titolare esclusivo.


Fondo patrimoniale

Oltre a scegliere tra comunione legale o separazione dei beni, i coniugi possono anche scegliere se costituire un fondo patrimoniale. Il fondo patrimoniale è un particolare tipo di convenzione attraverso la quale determinati beni possono essere destinati a far fronte ai bisogni della famiglia: ciò significa che il fondo patrimoniale è un patrimonio destinato ad uno specifico scopo.

Possono essere compresi nel fondo solo: 

  • beni immobili;
  • beni mobili registrati;
  • titoli di credito.

Conferire beni in fondo patrimoniale significa apporre sui beni stessi un vincolo di destinazione ai bisogni della famiglia, senza che sia necessario un trasferimento di proprietà. Di conseguenza, il conferimento può avvenire in due modi:

  • la proprietà del bene conferito va ad entrambi i coniugi;
  • in alternativa, ciascun coniuge può restare proprietario esclusivo del bene conferito.

La costituzione del fondo patrimoniale può avvenire:

  • da parte dei coniugi;
  • da parte di un terzo. In questo caso, la costituzione del fondo patrimoniale si perfeziona con l’accettazione di entrambi i coniugi.

L’amministrazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale. In particolare, per poter validamente alienare o disporre dei beni del fondo, occorre distinguere due ipotesi:

  • se non vi sono figli minori, occorre il consenso di entrambi i coniugi;
  • se vi sono figli minori, oltre al consenso dei coniugi occorre anche l’autorizzazione del giudice. 

Creditori

Il fondo patrimoniale è un patrimonio separato, in quanto destinato alla garanzia di specifici creditori. Infatti, i beni compresi nel fondo possono essere aggrediti solo dai creditori della famiglia: ciò significa che, qualora il creditore sappia che il debito non ha nulla a che vedere con i bisogni della famiglia, non potrà soddisfarsi sui beni del fondo. 

Scioglimento

La cessazione del fondo patrimoniale, cioè il venir meno dello stesso, si verifica per le seguenti cause:

  • annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.

In tali ipotesi, tuttavia, se vi sono figli minori, il fondo patrimoniale perdura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo nato.

Il ruolo del Notaio

In ogni caso, la costituzione del fondo patrimoniale deve avvenire con la stipula di una convenzione per atto pubblico ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni, che verrà annotata a margine dell’atto di matrimonio e trascritta nei Registri immobiliari.

L’atto di costituzione del fondo può però stabilire regole diverse: di conseguenza, anche in questo caso i consigli del notaio sono importanti per trovare la soluzione più corretta per le proprie esigenze.


Minori e capacità giuridica

La capacità giuridica è la capacità di essere titolari di rapporti giuridici e si acquista al momento della nascita. Da tale momento un soggetto può essere titolare di diritti e di obblighi. 

Diversa è la capacità di disporre di tali diritti ed obblighi, per acquisire la quale occorre che il soggetto abbia acquisito una certa consapevolezza delle proprie azioni: con la maggiore età, fissata a 18 anni, si acquista la capacità di compiere tutti gli atti (salvi alcuni casi specifici per i quali è stabilita un’età diversa).

minori di età, pertanto, non sono capaci di disporre dei propri diritti e sono sottoposti alla responsabilità dei genitori; ove questi ultimi manchino o non possano esercitare la potestà sui minori, si apre la tutela con la nomina di un tutore che amministra i beni del minore. 


Amministrazione di sostegno

L’amministrazione di sostegno è un istituto al quale possono ricorrere le persone che si trovano nell’incapacità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, per effetto di una menomazione:

  • fisica;
  • psichica.

In generale, quindi, l’amministrazione di sostegno è una misura meno grave rispetto alla interdizione e rappresenta un istituto moderno e sufficientemente elastico a tutela dei soggetti disabili, che tiene conto dell’esigenza di rispettare e valorizzare la loro residua capacità di agire. 

L’amministrazione di sostegno si attiva mediante ricorso al giudice tutelare, il quale, assunta ogni opportuna informazione, provvede con decreto, con il quale viene designato l’amministratore di sostegno e definito l’oggetto del suo incarico. 

E' molto importante la scelta dell’amministratore di sostegno: deve avvenire con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona del beneficiario, la scelta potrà pertanto cadere sul coniuge, sul convivente, su altro parente fino al quarto grado, ma anche su un estraneo. Chiunque può designare il proprio amministratore di sostegno in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. È anche possibile designare, mediante testamento, un determinato soggetto amministratore di sostegno del proprio figlio. 

Con le stesse modalità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, è possibile inoltre revocare gli amministratori di sostegno già designati.

La designazione fatta con atto pubblico ha un grande valore, in quanto è vincolante per il giudice tutelare: questi può infatti disattenderla soltanto ove ricorrano gravi motivi.

Effetti

Colui che è sottoposto ad amministrazione di sostegno non perde completamente la propria capacità di agire, ma soltanto in relazione ad alcuni specifici atti.

In particolare, l’amministrato:

  • deve essere assistito o rappresentato dall’amministratore di sostegno nel compimento degli atti espressamente indicati nel decreto del giudice tutelare;
  • conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.

L’amministrazione di sostegno è quindi uno strumento estremamente duttile: esso viene infatti configurato caso per caso, secondo le peculiarità ricorrenti nella specifica ipotesi.

In ogni caso, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva comunque la capacità di:

  • compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana;
  • fare testamento, purché capace di intendere e di volere al momento della redazione;
  • sposarsi;
  • riconoscere i propri figli. 

Il ruolo del Notaio

Ci si può rivolgere al notaio per la designazione dell’amministratore di sostegno che si effettua con atto pubblico o scrittura privata autenticata e risulta vincolante per il giudice che può disattenderla solo in presenza di gravi motivi. Anche nella gestione del patrimonio dell’amministrato, il notaio svolge un ruolo importante: verifica la capacità di agire dell’amministrato e controlla l’identità e i poteri dell’amministratore di sostegno in relazione ad ogni specifico atto, inoltre può predisporre direttamente o dare assistenza per presentare il ricorso di volontaria giurisdizione.


Interdizione e inabilitazione

Nel caso di persone maggiorenni che non possano provvedere ai propri interessi, la legge prevede:

  • il procedimento di interdizione per i soggetti che per malattia o per altri motivi, si trovano in condizioni abituali (permanenti) di infermità di mente tali da renderli incapaci totalmente di provvedere ai propri interessi. Viene quindi nominato un tutore che provvede alla cura degli interessi dell'interdetto.
  • Per il maggiorenne che, pur essendo infermo di mente, ma il cui stato mentale non sia talmente grave da far luogo alla interdizione, è prevista l'inabilitazione. Attraverso questa procedura, il soggetto può compiere da solo gli atti che non eccedono l'ordinaria amministrazione mentre per gli atti di straordinaria amministrazione (ad esempio: vendita di un immobile; stipula di un mutuo) deve essere assistito da un curatore (e, talvolta, anche essere autorizzato dal giudice tutelare). Un regime analogo a quello applicabile all'inabilitato si applica al minore che sia stato autorizzato a contrarre matrimonio prima dei diciotto anni.

In ogni caso in cui si debbano compiere atti patrimoniali relativi a minori o comunque ad incapaci, i soggetti che assistono o amministrano i beni degli incapaci, devono prestare la massima attenzione a tenere un comportamento conforme a legge. Può accadere, ad esempio, che vengano assunti impegni in nome e per conto di soggetti incapaci in modo non conforme alla legge: si tratta di comportamenti illegittimi e pericolosi in quanto non solo non vincolano il soggetto incapace nei confronti del terzo, ma espongono il soggetto rappresentante a precise e gravi responsabilità sia nei confronti dell’incapace, sia nei confronti del terzo.

Nella gestione di beni di incapaci il notaio, grazie alla sua preparazione specifica sull’argomento, può suggerire le soluzioni più appropriate a seconda delle esigenze specifiche.


Legge sul “Dopo di Noi”

La legge n.112/2016 “Dopo di noi”, entrata in vigore il 25 giugno 2016, è stata emanata per favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità grave, per il raggiungimento dei quali il legislatore ha previsto importanti strumenti pubblici e privati, questi ultimi accompagnati da significativi sgravi fiscali. Obiettivi sono, altresì, la protezione, la cura, l’assistenza, la deistituzionalizzazione, l’autonomia e l’indipendenza delle persone disabili.

E’ stato istituito un apposito fondo pubblico di assistenza, rivolto ai disabili gravi privi del sostegno familiare, per favorire percorsi di deistituzionalizzazione ed impedirne l’isolamento, che ha una dotazione triennale di 90 milioni di euro per il 2016, 38,3 milioni per il 2017 e 56,1 milioni di euro dal 2018.


Quali agevolazioni ha previsto la legge?

Per consentire la realizzazione di un “programma di vita” del disabile grave, idoneo a soddisfare le sue necessità e bisogni, sono stati introdotti importanti sgravi fiscali per:

  • le liberalità in denaro o in natura;
  • la stipula di polizze di assicurazione;
  • la costituzione di trust;
  • la costituzione di vincoli di destinazione di cui all’articolo 2645-ter del codice civile;
  • la costituzione di fondi speciali - composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario - anche a favore di onlus che operano prevalentemente nel settore della beneficenza. 

Al fine di godere delle esenzioni ed agevolazioni fiscali la legge sul “Dopo di noi” prevede la forma dell’atto pubblico notarile per la creazione di trust, la costituzione del vincolo di destinazione di cui all'articolo 2645-ter c.c. e la costituzione di fondi speciali - composti da beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario - anche a favore di onlus che operano prevalentemente nel settore della beneficenza.

Per ottenere le agevolazioni e le esenzioni fiscali, gli strumenti redatti con atto pubblico notarile devono rispettare i seguenti requisiti:

  1. finalità esclusiva: inclusione sociale, cura e assistenza delle persone con disabilità grave;
  2. le persone con disabilità grave devono essere le esclusive beneficiarie;
  3. identificazione in maniera chiara e univoca dei soggetti coinvolti e dei rispettivi ruoli;
  4. descrizione della funzionalità e dei bisogni specifici delle persone con disabilità grave;
  5. indicazione delle attività assistenziali necessarie a garantire la cura e la soddisfazione dei bisogni delle persone con disabilità grave, comprese le attività finalizzate a ridurre il rischio della istituzionalizzazione delle medesime;
  6. individuazione degli obblighi del trustee, del fiduciario e del gestore, con riguardo al progetto di vita e agli obiettivi di benessere che lo stesso deve promuovere in favore delle persone con disabilità grave, adottando ogni misura idonea a salvaguardarne i diritti;
  7. indicazione degli obblighi e delle modalità di rendicontazione a carico del trustee o del fiduciario o del gestore;
  8. individuazione del soggetto preposto al controllo delle obbligazioni imposte a carico del trustee o del fiduciario o del gestore. Tale soggetto deve essere individuabile per tutta la durata del trust o dei fondi speciali o del vincolo di destinazione;
  9. indicazione del termine finale della durata (coincidente con la morte della persona con disabilità grave) e destinazione del patrimonio residuo;
  10. destinazione esclusiva dei beni alla realizzazione delle finalità assistenziali.

La disabilità grave, secondo la definizione che viene data dalla legge 104 del 1992, deve essere accertata dalle apposite commissioni mediche presso le Unità Sanitarie Locali.

 

Tratto da www.notariato.it